Page 62 - Anthropos
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Le maschere (amanguak) degli Yup’ik sono peculiari espressioni della loro produzione artistica
che venivano fabbricate con legno di deriva vista la scarsità di legname offerta dalla tundra
artica.
La complessità iconografica che le contraddistingue ne riflette il complesso simbolismo.
Esse venivano tradizionalmente fabbricate dagli sciamani nel corso di elaborati rituali volti
a legittimare il loro potere, quali intermediari fra mondo umano e mondo soprannaturale.
Nell’indossarle lo sciamano acquisiva l’autorevolezza per intercedere presso gli spiriti degli
animali, al fine di ottenere abbondanti bottini di caccia e pesca, di curare le malattie ed
esorcizzare le possibili catastrofi.
Molte maschere Yup’Ik vennero distrutte o seppellite dopo l’uso, ma alcune furono acquistate
dai collezionisti nel corso dei loro viaggi.
La nostra maschera, il cui viso umano raffigura l’anima o inue degli animali, reca due grandi
mani associabili alla forza d’attrazione esercitata dallo sciamano sulle possibili prede. Il
volto animale simboleggia invece la capacità di trasformazione dello sciamano in animale e
viceversa.
Le mani con le dita tagliate e l’abbondante presenza di fauna marina evocano il mito di Sedna,
la Signora del Mare, che non amava gli uomini poiché – nel corso della sua vita terrena e
dopo varie vicissitudini – era stata buttata in mare e mutilata delle dita mentre tentava di
risalire sulla sua imbarcazione. Sprofondata negli abissi ne divenne la Madre e le sue dita si
trasformarono in mammiferi marini che aveva il potere di dominare. In tutto il mondo artico
veniva pertanto temuta e venerata, onde propiziarsi una buona pesca.